Succede che da qualche mese la casa sta ospitando nel proprio spazio un gruppo che non ha mai nascosto di non condividere nulla della progettualità e delle modalità di lavorare che hanno sempre caratterizzato le attività delle associazioni che la gestiscono.
Succede che, nonostante tutto, abbiamo provato a vedere se fosse possibile stare insieme limitandosi a condividere solo uno spazio e portando avanti in modo autonomo le nostre iniziative.
Succede che in questo periodo, pur non avendo compreso di cosa esattamente si occupi questo gruppo, essendo cambiati varie volte i suoi obiettivi, siamo riusciti a sperimentare in piazza modi non solo diversi ma decisamente contrapposti di gestione delle iniziative.
Succede che da quando questo gruppo è entrato nella casa, una buona parte di tempo è stata dedicata a forzarsi nel trovare forme di coesistenza che non entrassero in conflitto, anche nella semplice gestione del quotidiano.
Succede che, per la prima volta, la casa non è più sentita come una realtà unitaria dove le diverse attività sono gestite con uno spirito comune.
Succede che questo disagio e queste tensioni hanno iniziato ad essere percepiti dalle persone che frequentano la casa e che queste persone si allontanino, non da noi per avvicinarsi al nuovo gruppo ma, semplicemente, se ne vadano.
Così succede che ci troviamo di fronte ad una scelta: possiamo continuare a sottrarre tempo ed energie alle nostre iniziative, continuare a perdere le persone che ci seguono, nella speranza di trovare, prima o poi, una coesistenza che sia solo la meno difficile possibile, visto che con questo gruppo non c’è accordo su niente? Non è più semplice prendere atto della realtà, riconoscere le incompatibilità ed andare ognuno per la sua strada, anche per non finire per ostacolarsi a vicenda?
E succede che alla domanda precedente rispondiamo di si, riteniamo sia meglio che ognuno vada per la propria strada.