Il prossimo 17 aprile ci sarà un referendum importante per il nostro futuro. Come spesso succede ultimamente, però, ciò che è importante per molti è in conflitto con gli interessi di pochi, e quindi di questo referendum quasi nessuno ne parla.
Perchè questo referendum e per cosa si vota ?
Per rispondere occorre fare un breve passo indietro: nel novembre 2014 il governo Renzi vara il cosiddetto decreto-legge Sblocca Italia, che, tra le tante, contiene “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri e la realizzazione delle opere pubbliche”. In particolare l’articolo 38 prevede che per le attività di ricerca ed estrazione petrolifera i permessi siano concessi dal governo centrale e non più dalle Regioni, e che le attività di ricerca ed estrazione di gas e petrolio abbiano carattere di “strategicità, indifferibilità ed urgenza“: nella pratica significa militarizzazione dei territori ed espropri forzosi dei terreni interessati da queste attività.
Numerosi comitati di cittadini, nei territori che potrebbero essere interessati da queste attività estrattive, si mobilitano e fanno pressioni sulle Regioni affinché queste indìcano un referendum per l’abrogazione di questa parte dell’articolo 38 e di altri articoli del decreto che regolano le attività di ricerca e estrazione di gas e petrolio.
Si crea così un fronte di dieci Regioni (Abruzzo, Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) che propone sei quesiti referendari, che il governo cerca di aggirare cancellando alcune parti della sua stessa legge, in particolare quelle relative alla strategicità delle attività estrattive. Per effetto di questa decisione e per altri vizi di forma decretati dalla Corte costituzionale cinque dei sei quesiti decadono, e rimane solo quello su cui si voterà il 17 aprile.
Questo referendum serve ad abrogare la norma che prevede che le trivellazioni già attive per estrazioni di petrolio e di gas entro 12 miglia marine dalle coste vengano automaticamente prorogate alla loro scadenza, fissando come nuovo limite la sola volontà delle società estrattrici o l’esaurimento del giacimento.
Riteniamo che questo sia un regalo alle compagnie che estraggono gas e petrolio, e che sia la prosecuzione del percorso sbagliato intrapreso dal governo Renzi: favorire una politica energetica basata su gas e petrolio, come si è visto ad esempio negli ultimi decenni in Basilicata, non fa che causare danni alla salute e inquinamento nelle zone in cui si estrae, e inquinamento atmosferico quando queste fonti sono usate, tra le altre cose, per far muovere le nostre auto o scaldare le nostre case. Guardando al di fuori dei nostri confini possiamo ben vedere inoltre che il controllo di queste fonti di energia crea anche instabilità politica: basti pensare alle guerre in Afghanistan, in Iraq e più recentemente in Libia, i cui reali motivi erano tra gli altri proprio il controllo di queste fonti di energia.
Questo referendum ci dà la possibilità di completare quanto i movimenti territoriali hanno già fatto e dare un segnale forte a chi ci governa: è ora di cambiare! Cominciando con questo piccolo passo si può innescare una catena di cambiamento che, almeno in Italia, si può ripercuotere positivamente su tutto il modello economico attuale, trasformandolo in modo che sia più rispettoso dei territori e di chi li abita.
Perché il referendum sia valido, però, occorre che voti il 50%+1 degli aventi diritto di voto: quindi il 17 aprile votiamo e facciamo votare SÌ!